Uno dei drammi della cultura occidentale è la perdita di un contatto sacro con la natura e con le cose, che ha come conseguenza il fatto di non sapere a chi rivolgere le proprie richieste più intime e profonde.
Per questo a volte quando siamo disperati inseriamo un messaggio in una bottiglia e lo affidiamo al mare.
Questo gesto ha radici antiche, di un tempo nel quale, anche qui da noi, natura e uomo vivevano nella comunione di una rete di corrispondenze reciproche.
La natura di questa comunione era sacra perché Dio e Natura per l’uomo erano indivisibili.
Dio non era esterno, ma viveva in ogni particella del mondo nel quale viveva l’uomo: l’acqua con cui si lava e disseta, il fuoco che lo riscalda, la luce, il sole, la luna, le stelle, l’aria che respira e che ne trasmette suoni e messaggi, la terra sulla quale cammina e che lo nutre coi propri frutti.
La Natura e Dio significavano la vita e l’uomo aveva con essi una relazione sacra, fondata sul rispetto e l’armonia.
Rispetto significava che, prima di agire per soddisfare qualsiasi necessità o desiderio, l’uomo chiedeva il permesso e il favore a Dio e alla Natura, affinché “le particelle” integrassero l’azione dell’uomo in un disegno più grande, facilitandone cosi la riuscita.
Armonia significava che ad ogni richiesta l’uomo accompagnasse un’offerta, per mantenere l’equilibrio universale.
Tali richieste e offerte avvenivano in natura, dove l’uomo dialogava con Dio davanti ad alberi, corsi d’acqua e a tutte le sue “stazioni” legate ai suoi elementi.
Questo rapporto intimo e diretto con la natura non si è per fortuna mai spento del tutto, perché è radicato in profondità nell’anima dell’uomo. Va soltanto risvegliato.
L’uomo occidentale non ha mai perso questo rapporto intimo con la natura, Ha semplicemente dimenticato ma, proprio come per l’esempio della bottiglia in mare, basta poco per risvegliare le sue, le nostre radici spirituali.
In Africa si è mantenuto questo contatto diretto e consapevole con le energie e le divinità della Natura.
Questo legame antico e profondo tra Dio, la Natura e l’uomo, si costruisce e mantiene vivo attraverso pratiche rituali profonde e antiche, trasmesse oralmente fino ad oggi.
Di fronte alle sue pratiche, anche qualcuno dei nostri anziani potrebbe ricordarsi che, quando erano bambini, le loro nonne facevano qualcosa di simile. Magari con nomi diversi, ma l’essenza era quella. In Africa si è mantenuto questo contatto diretto e consapevole con le energie e le divinità della Natura.
In realtà non è una spiritualità solamente africana: è una spiritualità universale. La chiamano spiritualità africana perché l’Africa è, ancora oggi, il luogo dove si può trovare questo tipo di spiritualità.
Il nome africano emerso dai consulti per la Casa dell’Anima è “Seliagbetò”, che significa: “è il fato che manifesta l’essere”.
È un nome contestualizzato per il mondo occidentale, nel quale le persone hanno perso il contatto con la missione profonda della propria anima (ciò che in Africa si chiama “fato”) e con le proprie radici spirituali, ovvero con gli strumenti grazie ai quali puoi riprendere contatto con la tua Natura.
Questo è lo scopo di questa casa e delle pratiche spirituali che puoi trovare qui: si tratta di pratiche molto potenti, che possono trasformare profondamente la tua vita e riportarla verso la realizzazione della tua natura autentica.