Skip to main content

La Casa dell’Anima è un progetto unico nel suo genere. È infatti la prima volta che la spiritualità africana varca le soglie del continente che per secoli ne ha custodito i segreti.

Per buona pace dei leghisti, questo progetto non contribuisce tuttavia a portare un po’ d’Africa qui in Italia , quanto piuttosto a invitare le menti ad aprirsi e creare ponti tra le culture, sia geograficamente, sia spiritualmente.

Anzi, mira semmai a restituire valore e dignità alla Terra d’Africa e alla sua cultura, e a prevenire molto concretamente i flussi migratori da questo meraviglioso continente (sempre per buona pace dei leghisti, che potrebbero scoprirsi affezionati a questa Casa). 

Non è stato facile neppure per gli Africani convivere con l’idea di condividere queste pratiche con i “bianchi”.

La resistenza che più o meno consapevolmente proviamo anche noi a condividere le nostre terre e i nostri spazi con gli immigrati (perché questo evoca primariamente nel nostro immaginario parlare di Africa), è la stessa che per anni molti africani hanno mostrato verso l’idea di condividere la loro cultura spirituale con i “bianchi”.

I bianchi “vantano” un retaggio di pregiudizi che li vedono perlopiù come avidi dominatori e per questo non particolarmente degni di fiducia.

Ma l’idea di aprire i confini, non solo geografici, ma anche culturali, è stata più forte delle resistenze.

Dal punto di vista geografico, è ora di uscire da questo paradigma che vede l’occidente come l’ombelico del mondo. Forse, dal punto di vista economico, abbiamo qualcosa da insegnare, ma la cosa non si esaurisce qui.

C’è bisogno di creare ponti tra le culture, soprattutto le culture spirituali, di cui il nostro mondo occidentale ha sempre più estremo bisogno.

Quando dico culture spirituali, non intendo le religioni istituzionalizzate, ma insiemi di pratiche (rituali) che mirano a riconnetterci all’aspetto immateriale, invisibile delle cose, in qualunque sua forma.

Per distinguerle dalle religioni, potrei meglio chiamarle pratiche “poetiche”, giacché la poesia (e alcune espressioni artistiche) più di ogni altra cosa nel nostro mondo occidentale ha conservato la “magia” delle cose, la loro essenza profonda.

Oppure, sempre per una maggiore comprensione, potrei chiamarle pratiche “ecologiche”, giacché il divino, l’invisibile, si manifesta nel mondo e nella natura, nei suoi cicli e nei suoi abitanti (animali, vegetali, minerali, elementali), e nelle immagini che ancora ci regala con i suoi paesaggi. 

Soprattutto noi occidentali, che abbiamo raggiunto l’apice del progresso materiale ed economico (o che almeno lo pensiamo) abbiamo bisogno di ritrovare il contatto con l’essenziale, l’immateriale, ciò che non solo sopravvive, ma che muove e “anima” il corpo stesso, e il mondo visibile delle cose.

Le culture spirituali praticate all’interno della Casa dell’Anima, qualsiasi origine esse abbiano, mirano appunto a ritrovare e nutrire la connessione con questo lato spirituale delle cose, questo fluido che circonda ogni cosa vivente e che anche i filosofi rinascimentali europei chiamavano Anima del Mondo.